Con l’inizio del nuovo anno gli occupanti di via Irnerio 13 hanno trovato nuovo carbone nella calza della befana, ricevendo una lettera da parte dell’azienda ospedaliera universitaria Sant’Orsola, proprietaria dell’immobile lasciato all’incuria da anni, la quale avvisava di aver proceduto con la richiesta di sgombero alle autorità competenti. Dopo mesi in cui avevamo chiesto un confronto con la Direzione ospedaliera e l’Università, questa è stata la prima e unica risposta ufficiale pervenutaci.
Per questo abbiamo ritenuto che fosse arrivato il momento di attivare immediatamente una mobilitazione in sostegno del percorso collettivo avviato dopo le intense giornate del 18 e 19 ottobre, convocando intanto per la mattinata di oggi insieme ad Asia-Usb un presidio di fronte agli uffici amministrativi del Sant’Orsola, in via Albertoni. La presenza massiccia degli abitanti di entrambe le occupazioni abitative presenti in città, di quel mondo giovanile e precario che attraversa ogni giorno le aule e i progetti del Centro Studio Occupato TerzoPiano e di molti compagni solidali, ha indotto la Direzione ospedaliera ad accettare ben presto un confronto reale e non solo formale, sedendo a un tavolo con una delegazione di chi da ottobre sta valorizzando gli spazi abbandonati. Ma evidentemente la posizione espressa nella lettera non cambia: rientrare in possesso dello stabile, sgomberare gli occupanti illegittimi.
Senza scendere in alcuni cavilli pretestuosi, come la presunta inagibilità di alcuni locali, dichiarati invece perfettamente a norma dagli stessi periti mandati a dicembre dalla Prefettura con il chiaro intento di avvallare il procedimento di sgombero, e palesemente sconfessata anche dalla presenza di attività commerciali dentro lo stesso immobile, quello che ci è apparso interessante è la visione globale assunta a monte dall’azienda. Ci dicono in sostanza che i tagli alla sanità portano la Direzione a ritenere indispensabile il patrimonio alienabile, che la nostra presenza all’interno ne inficia il valore di mercato, che (citiamo) “un ospedale deve garantire la possibilità di accedere alle cure, non di vivere”! Un lapsus, una frase uscita male, che conferma però tutto l’impianto ideologico aberrante dei ragionamenti portati avanti questa mattina e fossilizzato ormai a ogni livello delle strutture dirigenziali di questo paese sotto austerity. Ogni volta che diciamo che la crisi si sta facendo sistema non proferiamo uno slogan a caso, ma constatiamo la nuda crudezza della realtà che ci incombe da tutti i lati. Finché la scarsità di risorse viene posta come giustificazione per ogni muro alzato contro la sussidiarietà tra persone, non potremo che proseguire sul sentiero di immiserimento verso cui ci hanno indirizzati. La contrapposizione tra diritti diversi, per la salvaguardia del privilegio di chi in cima continua a competere per spartirsi bottini sempre più vasti e monopolizzati, è lasciata intendere come risultante di fattori economicamente imperanti; la piramide alla base della quale accomunare le sorti di fasce di popolazione sempre più ampie è una costruzione necessaria per la sopravvivenza del capitale a queste latitudini, in questo momento storico, e la cui gestione è lasciata in mano agli organi decisionali, di controllo e repressivi della macchina statale integrata sempre più in un processo di accentramento continentale. La delineazione dei contorni di un blocco sociale antagonista non è quindi un divertisment dell’intelletto, ma un dato di fatto imposto dall’alto che chiunque voglia garantirsi uno stile di vita superiore alla sopravvivenza deve tenere in conto.
La battaglia politica e culturale portata avanti negli ultimi trent’anni è stata vinta dal pensiero neoliberale su tutta la linea. Eppure non dimentichiamo che l’attacco frontale che stiamo subendo, ormai anche sul piano materiale, produce da sé la base oggettiva per l’emersione delle lotte da contrapporre alla negazione della mediazione, negazione data come obbligata non da nostri velleitarismi estremisti, ma dalla stessa controparte. Le fantomatiche “risorse scarse” sono evidentemente ancora sufficienti per lasciarci le briciole, per un’educazione decente se ce la possiamo permettere, per un lavoro da fame se lo troviamo, per andare proprio all’ospedale se ci ammaliamo vivendo sotto un ponte (come alcuni abitanti di via Irnerio hanno fatto giustamente notare alla direttrice che avocava per il suo ospedale una “mission aziendale diversa da quello che chiedete voi”!). Contro le logiche al ribasso vogliamo contrappore il diritto a una vita decorosa sotto tutti i profili. E’ lontana dal prendere forma una soggettività adeguata a questa rottura e capace di generalizzare logiche differenti, e siamo costretti a rivendicare un incontro col Comune nelle persone di quegli assessori che avevano rilasciato dichiarazioni di buone intenzioni e di apertura, perché le tramutino in fatti nell’intermediazione con la proprietà. Ma ciò non toglie che è solo attraverso il confronto e l’organizzazione collettiva del livello reale delle lotte che pensiamo si possa progredire sulla strada per un futuro diverso. La qualità dei risultati che in molte città la lotta per l’abitare può sempre più annoverare, anno dopo anno, è un valido supporto esemplificativo per le nostre convinzioni.
E’ all’obiettivo di creare massa critica tra diverse componenti dell’autonomia della conflittualità sociale e politica che puntiamo ogni giorno attraverso le iniziative, i progetti e la discussione del TerzoPiano. Consci dell’insufficienza della nostra resistenza alla precarietà a cui ci vogliono relegare, sappiamo però che solo la messa in rete dell’individuazione del piano del confronto-scontro con la controparte e della progettualità politica possono dare respiro e indirizzo alle vertenze.
Intanto la mobilitazione prosegue, prevediamo subito un secondo appuntamento per settimana prossima, perché non vogliamo rinunciare a questa realtà che si sta costituendo negli spazi liberati di via Irnerio. Individuare il piano del confronto nell’area del Mediterraneo, resistere e organizzarsi, non accettare la proposta di fuga in paradisi inesistenti: Noi Restiamo!
Cso TerzoPiano
Noi restiamo