Il 28 giugno è arrivato, si è svolto ma non è finito davanti alla sede italiana della Commissione Europea. Abbiamo assistito anzi a una giornata capace di aprire una breccia, di rilanciare la centralità di un tema, quello del ruolo dell’Unione Europea come polo imperialista in via di definizione, che non può essere accantonato nelle lotte dei soggetti deboli che subiscono i costi di questo processo di convergenza politica tra le alte sfere della borghesia transnazionale.
Con la mobilitazione di sabato diventa un dato di fatto l’emersione di un’opposizione a sinistra al fenomeno politico più reazionario sul piano continentale dal dopo guerra a oggi. Un’opposizione complessiva quanto complesso è il fenomeno in atto, e che assume una presenza definitiva nella discussione politica di classe tale da non poter essere più tralasciata. Si apre la possibilità di colmare uno spazio che non deve essere colpevolmente abbandonato in mano alle destre e che deve saper marcare la distanza e l’alterità rispetto a qualsiasi annuncio imbonitore dell’attuale governo.
La centralità delle questioni messe sul piatto da questa manifestazione è verificabile innanzitutto da un’attenta e onesta analisi, quale quella avviata da anni da alcune della realtà presenti in piazza sabato, e che punta, pur nelle varie ipotesi politiche possibili, a individuare l’innegabile ruolo antipopolare e antidemocratico dell’UE. Ma è inoltre riscontrabile anche dalla presenza organizzata lungo il corteo di tutti i soggetti che alle nostre latitudini pagano le conseguenze delle decisioni assunte dal governo di questo super-stato e, non marginale, dall’attenzione che a posteriori anche i media hanno dovuto porre a questa mobilitazione. Una mobilitazione che, per scelta dei tempi, delle forme comunicative e delle decisioni prese nel pur stretto percorso di costruzione, ha saputo cogliere in contropiede su un campo appunto tanto centrale.
Quello che ci preme sottolineare è quindi la possibilità, ora, di esondare oltre i dignitosi ma insufficienti confini delle soggettività scese in piazza. Verificata la fondamentale tenuta delle organizzazioni, bisogna ora coinvolgere e mettere a confronto quelle diffuse reazioni di resistenza ai processi di valorizzazione del capitale messi in atto da una classe dirigente che vuole reggere la competizione globale durante la crisi, e che si è data le attuali istituzioni comunitarie come centrale operativa sotto cui far muovere i rapporti di produzione. E’ d’altronde questo lo spirito stesso con cui è stato convocato il Controsemestre Popolare, e in base al quale vi abbiamo aderito convintamente: un punto d’accumulazione dei momenti d’analisi, confronto, lotta, riappropriazione che si seguiranno nei prossimi mesi, con l’oggettività delle conseguenze materiali dei diktat della troika a fare da agglutinante per la formulazione di una risposta dal basso all’altezza della sfida. Sfruttando il centro di gravità politico colto dalla proposta lanciata sabato dalle organizzazioni di classe, è necessario adesso individuare nella sedimentazione dei processi di conflitto e di ricomposizione sociale gli obiettivi su cui insistere lungo tutti i percorsi che sapremo incrociare. Come abbiamo detto recentemente, infatti, il Pd e l’establishment attualmente incaricato di governare la crisi, non perderanno occasione per utilizzare mediaticamente lo spazio reso disponibile dalla vetrina del semestre di presidenza che si avvia oggi, per poi dispiegare a cascata tutta la dirompente offensiva politica da qui possibile. Ne abbiamo avuto un assaggio dopo l’ultimo Consiglio Europeo. Renzi infatti propone e vanta il raggiungimento di “un disegno di bellezza”(!) che sappia garantire un minimo di flessibilità dagli stritolanti parametri su cui si è sviluppata l’austerity attuale, livelli sul lungo periodo suicidi anche per chi finora li ha imposti, e per l’allentamento dei quali si è ottenuta dal governo la garanzia di agire ancora più convintamente per la realizzazione delle politiche neoliberali sul piano economico, sociale e istituzionale. D’altronde è questo il compito di cui sono stati incaricati gli ultimi tre esecutivi.
Pensiamo che le giornate di mobilitazione che la scorsa settimana si sono coordinatamente susseguite a Bologna siano state un buon esperimento da prendere in considerazione per chi appunto oggi vuole superare i propri limiti e praticare il conflitto e i suoi linguaggi anche di fronte a una discussione politicamente impegnativa quale quella che riguarda l’UE e i suoi meccanismi. Modulando gli obiettivi da individuare lungo lo svolgimento di quella tre giorni, nell’articolarsi di un percorso condiviso con soggetti politici portatori di differenti pratiche e differenti traguardi immediati, durante la settimana appena trascorsa nella città felsinea si è riusciti a realizzare uno spazio dove superare i limiti soggettivi di chi cerca di offrire risposte di lotta su un necessario piano generale, mettendo a disposizione l’analisi sull’identità che oggi assume il nemico di classe e dando visibilità e rilancio anche alla data del 28. Si avvia quindi tanto sul livello territoriale quanto su quello nazionale un cammino lungo e stimolante. Avevamo già detto che l’appuntamento nazionale appena passato è espressione di un progetto che ha bisogno anche di altre gambe: chiarita la strategia generale, tocca adesso a tutti i soggetti promotori individuare le scelte più indicate per praticarla e allargarla. Disegnare la cornice del Controsemestre è stata un’intuizione intelligente che deve permetterci ora di cogliere al meglio gli spazi che mette a disposizione.