CON I MIGRANTI vuol dire CONTRO OGNI GUERRA: il PD e i governi dell’UE prima uccidono poi piangono

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Con queste poche ma drammatiche parole oggi abbiamo tentato di aprire una breccia nella coscienza dei partecipanti alla Marcia delle Donne e degli Uomini Scalzi tenutasi a Bologna nel tardo pomeriggio. In tutto il continente si vedono migliaia di persone onestamente democratiche e tante realtà collettive aderire in questi giorni alla chiamata in solidarietà con i profughi che premono alle frontiere della fortezza europea. Una cortina di buonismo di cui la classe dirigente dell’Unione Europea, e i suoi attori nazionali, stanno opportunisticamente cercando di ammantarsi tramite un’operazione mediaticamente riuscitissima. Un lavacro per le coscienze di chi ha le mani ancora sporche del sangue versato nelle guerre che ha alimentato dal Nord Africa alla Jugoslavia, passando per il Medio Oriente.


Ad animare i cuori di tanti tra coloro che aderiscono a queste marce è un sentimento di solidarietà con i migranti che condividiamo al 100%, ma dietro quale si sta dando adito a un restyling ideologico di tutt’altro tipo, in cui i veri responsabili rimangono impuniti, se non ne vengono addirittura assolti.

Perché infatti è sulle macerie dei paesi sfruttati e destabilizzati dagli interessi economici e geostrategici occidentali che si è costruita la catastrofe di oggi, che nessun mare, tantomeno muri di contenimento potranno fermare, dopo anni in cui la spoliazione di risorse e quegli interventi militari sono stati foraggiati, finanziati e condivisi da quel segmento di borghesia internazionale che da alcuni decenni si sta organizzando intorno e attraverso la costruzione delle istituzioni e dei trattati europei.

Non possiamo certamente affidare le nostre speranze a chi come Merkel, leader non eletto di istituzioni comunitarie senza fondamento democratico, accetta oggi di aprire le frontiere assediate da una marea umana mossa proprio dalle politiche perseguite dalla classe dirigente del suo paese e di tutta l’UE. Un’apertura che tenta di fare una diabolica distinzione tra immigrati economici e profughi di guerra, speculando sulle vite di chi si vorrebbe convertire in nuova forza lavoro da sfruttare in un continente in cui vige la precarietà. Un’apertura che viene permessa solo dove e quando non è più possibile risolvere il problema reprimendo e nascondendo la polvere sotto il tappeto, e che oggi non mette in discussione l’impianto comunitario, a differenza di quanto avrebbe fatto non più tardi di due mesi accettare l’esito del referendum greco. Non cadremo quindi nella trappola ideologica preparata da chi teorizza il doppio binario degli interventi militari da affiancare con corpi di pace e movimenti umanitari, come candidamente riconosciuto in questi giorni dal capo di stato maggiore del Pentagono alle tv americane. Una strategia che a suo modo sta riprendendo enormemente fiato a partire da quella data esplosiva sul piano simbolico, la marcia dei presidenti che si tenne l’11 gennaio scorso a Parigi.

Chiudevamo l’attività politica prima dell’interruzione estiva con un forum nazionale sulla stato di salute della Nato (tenutosi a Roma), con la riapertura degli spazi abbandonati della più grande ex caserma cittadina e con una mobilitazione articolata a sostegno del popolo greco. Nella ripartenza di questo settembre non possiamo non attivarci immediatamente in un contesto in cui gli esiti della politica estera comunitaria stanno tornando, come un boomerang, addosso a chi li ha lanciati. In tutti questi casi, un macroscopico filo rosso si dipana davanti ai nostri occhi: è il soggetto che promuove l’austerity in casa e la guerra alle porte, è quella complessa realtà che si fa carico delle politiche neoliberiste contro chi vive di lavoro e a favore di chi campa sul profitto da essi prodotto, che cresce a traino del mercantilismo mitteleuropeo e della conseguente apertura alle burrascose sorti dei mercati finanziari e delle loro tempeste, che lascia da parte chi è di troppo, e che per sopravvivere ha bisogno di controllare spazi e risorse da conquistare sempre più spesso con l’impiego di eserciti. E’ l’Unione Europea, e quella che abbiamo a malapena abbozzato è la descrizione, che piaccia o meno, di un polo imperialista in formazione nello scenario di crisi in cui si esaspera la competizione globale. Oggi più che mai abbiamo bisogno però di riconoscere questa realtà, per scomoda che possa essere, di riconoscere il contesto in cui si generano i mali della nostra epoca, se vogliamo tentare una strategia di resistenza e di contrattacco. Ed è per questo che anche nell’imponente fenomeno migratorio dobbiamo cogliere le contraddizioni di classe che mette in luce, perché ci pone una serie di interrogativi e di compiti che ben poco hanno a che vedere col nostro umanitarismo. Non ci aspettiamo quindi che chiunque colga questa opportunità, ma è un compito al quale invece non possono sottrarsi il precariato urbano e i suoi fratelli migranti, accomunati dalla condizione di ipersfruttamento che li candida di per sé a un ruolo di avanguardia nella rottura con le compatibilità di una tecnocrazia europea da cui non hanno nulla da guadagnare.

E’ per tentare di costruire un punto di vista comune adatto alla stesura di un programma minimo d’intenti tra gli sfruttati che operiamo ogni nostra scelta politica. È per questo che abbiamo aderito al nascente coordinamento internazionale e internazionalista “Eurostop”. Ed è in questa prospettiva che invitiamo tutti a partecipare sin da ora ad alcuni momenti di lotta e di ragionamento comuni:
– le giornate di assemblea dall’11 al 13 settembre a Ventimiglia, convocate da chi in questi mesi sta animando il Presidio Permanente No Borders
– l’iniziativa “Libertà di Restare. Dall’Oxi un’idea per Resistere”, che si terrà la sera di mercoledì 16 in piazza San Francesco con la collaborazione della redazione di Contropiano.org, e tutti gli incontri realizzati nella cornice dell’appello lanciato dalla campagna cittadina “Libertà di Dimora”, in un contesto in cui si risponde con la repressione a chiunque si opponga alla crisi.

Per costruire un intreccio virtuoso tra le pratiche di lotta dobbiamo realizzare una fotografia del presente attraverso la quale tornare a indagare quelle stesse pratiche.

Rompere per non essere rotti!
#NoF35 #NoNato #Eurostop                                  campagna Noi Restiamo – Bologna

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