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“Magazzino 18” e il vittimismo italiano

Magazzino-18

Bologna “la rossa”, la chiamavano: da tempo abbiamo potuto verificare fino a che punto ciò non sia più vero. Di recente lo si è visto nel tentativo di impedire un dibattito sulle foibe all’interno dell’università, con la presenza di storici e ricercatori contro il revisionismo storico. E la situazione si è ripetuta negli ultimi quattro giorni con l’assordante silenzio da parte della “società civile democratica” cittadina, in risposta allo spettacolo Magazzino 18 di Cristicchi, ospitato in uno dei principali teatri cittadini, l’Arena del Sole. Per quanto ci riguarda non potevamo rimanere indifferenti di fronte allo scempio della verità storica nel nome dell’equidistanza fra vittime e carnefici, per di più basate su fonti palesemente fasciste come il libro “Ci chiamavano fascisti, eravamo italiani”. Per questo durante lo spettacolo di oggi pomeriggio abbiamo “inondato” di volantini la platea ricordando l’occupazione italiana e fascista nelle zone dell’ex Jugoslavia.

A seguire il volantino e il nostro articolo critico sullo spettacolo Magazzino 18.

VolantinoRetro

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ed ecco il nostro articolo critico sullo spettacolo di Cristicchi:

Immaginate il vostro mondo che stranamente diventa altro […] All’improvviso vi sentite estranei, come alieni rispetto a quella che pensavate fosse la vostra terra, perché nel frattempo altri se ne stanno appropriando, altri sono arrivati e si prendono il vostro posto.

Queste parole fanno parte del monologo con cui Simone Cristicchi apre lo spettacolo teatrale Magazzino 18. È strano come certi discorsi abbiano un senso fortemente ambivalente, specie se si tratta della storia di un confine geografico, come quello italiano nord orientale. Si potrebbe benissimo immaginare (avendo il coraggio e la coscienza di farlo) che quel discorso fosse stato  pronunciato da un ipotetico abitante di Ljubljana, mentre testimoniava i giorni dell’occupazione italiana, quando la città fu interamente cinta da filo spinato e trasformata in un unico grande campo di concentramento. Così non è in Magazzino 18, che nasce come racconto dell’esodo della popolazione giuliano-dalmata in seguito alla fine della seconda guerra mondiale. Trattandosi di un argomento estremamente complesso, tanto più se lo si propone in chiave artistica, ci si aspetterebbe una cura particolare per i riferimenti storici che non faccia torto ai fatti. Ma quello di Cristicchi è un racconto certamente improntato più all’emozionalità e al pathos che alla razionalità della ricostruzione storica [1]. Un’operazione che ha un preciso senso politico, per quanto l’attore e cantautore si sforzi di negarlo.

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Whiplash come pretesto. Note sulla critica dell’ideologia artistica

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Recentemente è apparso sull’Internazionale un articolo [1] di Goffredo Fofi sull’ultimo film di Damien Chazelle, Whiplash, vincitore di ben tre premi Oscar quest’anno. L’articolo in questione parla del film come di “una favola per gonzi di destra”, cosa che ha fatto storcere il naso a più di uno spettatore [2]. Non è nostra intenzione difendere a spada tratta Fofi, che non ne ha certo bisogno, ma vorremmo soffermarci su un particolare appunto che gli viene mosso, perché crediamo sia perfetto segno dei tempi in cui viviamo: criticare un’opera perché “di destra” o “di sinistra” sarebbe sbagliato.

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28 febbraio: Roma rigetta Salvini, Milano prende una boccata d’aria buona

È con il cuore carico di soddisfazione che in questa domenica di fine inverno pensiamo alla bella giornata di ieri, a come la sinergia di ragionamenti, sigle e contenuti diversi abbia saputo intrecciare un discorso ampio che vada aldilà della sommatoria delle sue parti.

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D’Orsi risponde a Orsi “Mentre in economia la moneta buona scaccia la cattiva, nell’ambito della ricerca storica sta accadendo il contrario, e la menzogna sta vincendo”

IMG_20150210_175459Dopo l’articolo di ieri in cui Repubblica Bologna riportava un’intervista al prof. Orsi (il quale in giornata aveva tentato di vietare lo svolgimento di un’iniziativa in Università), riportiamo la nostra posizione e le parole che ci ha rilasciato il prof. D’Orsi (che di quell’iniziativa è stato magistrale relatore) Continua a leggere

Il discorso dell’imperialista: perchè American Sniper non è un film “contro la guerra”

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Nell’acceso dibattito che ha suscitato l’uscita dell’ultimo film di Clint Eastwood American Sniper, vale la pena analizzare una particolare affermazione del regista , fatta propria da diversi commentatori, quella cioè secondo cui l’opera in questione sarebbe “contro la guerra”. Si tratta di un’affermazione controversa perché non mancano elementi per sostenere che American Sniper mostri le atrocità e gli orrori della guerra in Iraq. Cercherò qui brevemente di dimostrare che, nonostante ciò, il messaggio “pacifista” (volendo credere alla buona fede al regista) fallisca clamorosamente l’obbiettivo. Continua a leggere

Da Bologna a Euskal Herria: la solidarietà è un’arma!

20150127_163931Dopo aver appreso dei vergognosi arresti di avvocati, attivisti e sindacalisti (sedici in tutto) appartenenti ai gruppi indipendentisti baschi, compiuti dalle forze di repressione spagnole, abbiamo ritenuto opportuno portare la nostra solidarietà a chi, giorno dopo giorno e nonostante le violenze subite, lotta per l’autodeterminazione del proprio popolo. Continua a leggere

Kobane libera? Vittoria kurda e buona coscienza

10946172_10205212137043592_2072530371_oCerte notizie è sempre meglio inquadrarle bene. Kobane è stata liberata, si legge su vari quotidiani italiani in queste ore. La Stalingrado del Medio Oriente ha vinto sull’Isis. Cerchiamo di fare chiarezza, mettendo a frutto la nostra esperienza diretta sul campo, conclusasi giusto giusto ieri. È vero: il YPG e il GPJ – le milizie popolari  del Rojava, rispettivamente maschile e femminile, collegati al PYD e al PKK – stanno tra mille difficoltà riprendendo il controllo della città e stanno avanzando decisi nelle periferie e lungo il confine turco. La gigantesca bandiera del Kurdistan siriano che sventola dall’altura che domina Kobane, notizia tra l’altro della settimana scorsa (ma i media italiani ci arrivano sempre dopo..), sta a dimostrare il risultato positivo dell’offensiva. Alcuni attivisti della campagna “Noi Restiamo” e di Radio Machete sono stati in questi giorni nel piccolo villaggio di Musanter, l’ultimo prima di Kobane, proprio nella fascia di confine controllata dal PKK, stretto tra l’Isis e l’esercito turco. Abbiamo parlato con gli attivisti e con i combattenti, abbiamo cercato di capire la loro condizione e le loro necessità – tutte politiche, altro che gli articoli di Repubblica e Corriere in merito -, e abbiamo avuto modo di inquadrare la vera organizzazione del popolo kurdo e del BDP (il partito politico dei curdi di Turchia). Continua a leggere

Israele-Palestina, una foto falsa per una pace falsa

foto_falsaEsce l’inevitabile notizia che una foto culto del conflitto israelo-palestinese era un falso. O meglio, non proprio un falso, semplicemente una messa in posa di un concetto, quello della pace possibile fra i due popoli, “recitato” da due bambini entrambi israeliani. Ma non è nella storia di questo scatto, ma proprio nel contenuto della sua immagine che si può andare a scavare la vera falsità del messaggio che vuole fare passare, e che non può essere inconsapevole essendo stata fatta da un fotografo e per di più, appunto, essendo stata messa in scena. Continua a leggere

Una replica di Giorgio Gattei a Joseph Halevi

Giorgio Gattei ci ha inviato una replica a quanto sostenuto da Joseph Halevi in un articolo pubblicato qui sul blog. Continua quindi il dibattito su Piketty e la caduta del saggio del profitto.

Ecco la mia risposta alla prima parte (non al poscrittto) della nota di Joseph Halevi, che comunque ringrazio per l’interessamento.

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