Archivi categoria: Recensioni

Quei pazzi uomini della pubblicità – Mad Men (recensione)

mm_end_frame-0-1280-0-1024

Coca Cola. Il primo e il più iconico dei marchi delle grandi multinazionali che, in verità, non produce che una bevanda, a cui i suoi proprietari hanno saputo costruire un’aurea di vera magia.

È con la pubblicità più famosa degli anni ’70, in cui tanti ragazzi di diverse etnie cantano di pace e bellezza e coca cola nel mondo (girata tra l’altro a Roma), che si conclude una serie televisiva epocale: Mad Men.

Continua a leggere

Sugli usi sociali della scienza. Riflessioni da “Vita di Galileo” di Bertold Brecht

brecht

L’opera teatrale Vita di Galileo di Bertold Brecht ci fornisce un grande spunto di riflessione sul ruolo storico della scienza e i suoi rapporti con le masse popolari.

La vicenda di Galilei è nota: fu costretto all’abiura dalla chiesa cattolica per la sua adesione alla teoria eliocentrica, che contraddiceva il geocentrismo presente nella libro della Genesi. Continua a leggere

Osservazioni intorno a “Week End” di Jean-Luc Godard

godardEsiste un filone cinematografico, che comprende opere e autori che hanno segnato il passo nella storia della cinematografia, ma anche artisti e oggetti filmici meno conosciuti al grande pubblico, ma non per questo meno significativi. Tale filone si caratterizza per un utilizzo del mezzo cinematografico finalizzato a narrazioni, immagini e simboli di conflitto contro l’ordine capitalistico, di alternativa allo stato di cose presente. Ciò non riguarda solo il contenuto di tali opere, ma il concetto stesso di produzione cinematografica e distribuzione sotteso a certi interessanti esperimenti. Questo vuole essere il primo contributo di una serie di “riscoperte” di questo genere di cinematografia, senza la presunzione di scoprire gemme dimenticate dal fondo sedimentato della storia. Quello che ci interessa è mettere alla prova, tentare di capire in che modo il cinema è stato, e può ancora essere, arma di critica e mezzo di “catarsi” dai cascami culturali dell’ideologia dominante.
Continua a leggere

Un passato scomodo. La memoria della Resistenza a quarant’anni da “Un biglietto del tram”

stormy six

Il  fenomeno fascio-leghista, la sedimentazione delle destre reazionarie nel cuore di un continente in crisi e la riscoperta vitalità nazifascista ai suoi confini, sono questioni di rilevanza storica che non possiamo trascurare. Per questo intorno al 25 aprirle la nostra campagna nazionale insiste nel rilanciare iniziative pubbliche di riflessione sul ruolo dei fascisti nella storia del nostro paese e momenti di denuncia che attraversino le strade delle nostre città.

Qui proponiamo la recensione ragionata di una delle più note fatiche targate Stormy Six.

Continua a leggere

I frammenti di realtà in “Vizio di forma”

vizio

L’ultimo film di Paul Thomas Anderson, basato su una recente fatica letteraria dello scrittore statunitense Thomas Pynchon, è un oggetto difficile da maneggiare. La cifra stilistica di questo oggetto si può riassumere nello spiazzamento, nel disorientamento che provoca in chiunque tenti di arrivare al suo nucleo fondamentale. Durante la visione del film lo spettatore si trova nella difficile situazione di districarsi in una trama che si complica col passare dei minuti, e che mette in discussione ogni passaggio logico. La non facile ‘leggibilità’ dell’intreccio narrativo è ciò che ha fatto più discutere – e forse non a torto.

Vizio di forma è la parodia di un noir classico, sradicato dalle lugubri e piovose ambientazioni notturne delle metropoli anni Cinquanta, e trapiantato nell’assolata California dei Seventies. Nel ruolo d’investigatore, dell’eroe “negativo” in costante conflitto con la Legge, troviamo il detective privato Larry “Doc” Sportello, ironica figura di hippie sconvolto dalle droghe ma capace di grandi intuizioni, come dimostrerà nel film.

Continua a leggere

“Magazzino 18” e il vittimismo italiano

Magazzino-18

Bologna “la rossa”, la chiamavano: da tempo abbiamo potuto verificare fino a che punto ciò non sia più vero. Di recente lo si è visto nel tentativo di impedire un dibattito sulle foibe all’interno dell’università, con la presenza di storici e ricercatori contro il revisionismo storico. E la situazione si è ripetuta negli ultimi quattro giorni con l’assordante silenzio da parte della “società civile democratica” cittadina, in risposta allo spettacolo Magazzino 18 di Cristicchi, ospitato in uno dei principali teatri cittadini, l’Arena del Sole. Per quanto ci riguarda non potevamo rimanere indifferenti di fronte allo scempio della verità storica nel nome dell’equidistanza fra vittime e carnefici, per di più basate su fonti palesemente fasciste come il libro “Ci chiamavano fascisti, eravamo italiani”. Per questo durante lo spettacolo di oggi pomeriggio abbiamo “inondato” di volantini la platea ricordando l’occupazione italiana e fascista nelle zone dell’ex Jugoslavia.

A seguire il volantino e il nostro articolo critico sullo spettacolo Magazzino 18.

VolantinoRetro

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ed ecco il nostro articolo critico sullo spettacolo di Cristicchi:

Immaginate il vostro mondo che stranamente diventa altro […] All’improvviso vi sentite estranei, come alieni rispetto a quella che pensavate fosse la vostra terra, perché nel frattempo altri se ne stanno appropriando, altri sono arrivati e si prendono il vostro posto.

Queste parole fanno parte del monologo con cui Simone Cristicchi apre lo spettacolo teatrale Magazzino 18. È strano come certi discorsi abbiano un senso fortemente ambivalente, specie se si tratta della storia di un confine geografico, come quello italiano nord orientale. Si potrebbe benissimo immaginare (avendo il coraggio e la coscienza di farlo) che quel discorso fosse stato  pronunciato da un ipotetico abitante di Ljubljana, mentre testimoniava i giorni dell’occupazione italiana, quando la città fu interamente cinta da filo spinato e trasformata in un unico grande campo di concentramento. Così non è in Magazzino 18, che nasce come racconto dell’esodo della popolazione giuliano-dalmata in seguito alla fine della seconda guerra mondiale. Trattandosi di un argomento estremamente complesso, tanto più se lo si propone in chiave artistica, ci si aspetterebbe una cura particolare per i riferimenti storici che non faccia torto ai fatti. Ma quello di Cristicchi è un racconto certamente improntato più all’emozionalità e al pathos che alla razionalità della ricostruzione storica [1]. Un’operazione che ha un preciso senso politico, per quanto l’attore e cantautore si sforzi di negarlo.

Continua a leggere

Whiplash come pretesto. Note sulla critica dell’ideologia artistica

w

Recentemente è apparso sull’Internazionale un articolo [1] di Goffredo Fofi sull’ultimo film di Damien Chazelle, Whiplash, vincitore di ben tre premi Oscar quest’anno. L’articolo in questione parla del film come di “una favola per gonzi di destra”, cosa che ha fatto storcere il naso a più di uno spettatore [2]. Non è nostra intenzione difendere a spada tratta Fofi, che non ne ha certo bisogno, ma vorremmo soffermarci su un particolare appunto che gli viene mosso, perché crediamo sia perfetto segno dei tempi in cui viviamo: criticare un’opera perché “di destra” o “di sinistra” sarebbe sbagliato.

Continua a leggere

Quel che resta di Selma

selma

Negli ultimi anni si sta affermando una sorta di nuovo filone nella cinematografia hollywoodiana, al quale appartengono film come The Butler (2013), Dodici anni schiavo (2014) e il recentissimo Selma – La strada della libertà. Pur nelle notevoli differenze stilistiche, tutti questi film trattano in modo epico la storia della minoranza afroamericana nel periodo della schiavitù e della segregazione razziale.

Continua a leggere

Il discorso dell’imperialista: perchè American Sniper non è un film “contro la guerra”

Il discorso dell

Nell’acceso dibattito che ha suscitato l’uscita dell’ultimo film di Clint Eastwood American Sniper, vale la pena analizzare una particolare affermazione del regista , fatta propria da diversi commentatori, quella cioè secondo cui l’opera in questione sarebbe “contro la guerra”. Si tratta di un’affermazione controversa perché non mancano elementi per sostenere che American Sniper mostri le atrocità e gli orrori della guerra in Iraq. Cercherò qui brevemente di dimostrare che, nonostante ciò, il messaggio “pacifista” (volendo credere alla buona fede al regista) fallisca clamorosamente l’obbiettivo. Continua a leggere