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Grecia. E’ il momento

kouvelakis

Proponiamo la traduzione, a cura dei compagni di Noi Restiamo di Torino, di un artticolo di Stathis Kouvelakis, che insegna teoria politica al King’s College di Londra ed è membro del comitato centrale di Syriza, apparso sulla rivista “Jacobin”.

Ci sembra particolarmente importante perché rivela come la consapevolezza dell'”irriformabilità” dell’Unione Europea, e quindi della necessità di rompere la gabbia, si stia ora facendo largo anche al vertice di una formazione politica riformista, ce ha ricevuto dall’elettorato il mandato impossibile di metter fine all’austerità ma restando dentro la Ue e l’euro.

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Dal confronto politico alla piazza, verso il 12 aprile

Dopo un interessante momento di confronto sul ruolo dell’Unione Europea, ci prepariamo a scendere in piazza a Roma il 12 aprile: contro il neoliberismo, le politiche di austerità gestite dai governi nazionali e la costruzione del polo imperialista europeo

Nella serata di venerd¡, abbiamo dato il nostro contributo alla realizzazione di un dibattito che Ross@ ha riproposto a Bologna sulla falsariga del forum che i compagni del Collettivo Militant avevano coordinato lo scorso weekend a Roma assieme alla rete Noi Saremo Tutto: “Exit Strategy, rompere la gabbia dell’Unione Europea”. Un’occasione ottima per noi, che ci ha consentito di dedicare spazio a un ragionamento d’insieme che sappia riallacciare i fili del discorso su cui da mesi stiamo portando avanti le attività politiche e culturali all’interno del Centro Studio Occupato Terzopiano, e sulla base del quale si innesta la nostra partecipazione ai momenti di lotta e mobilitazione cittadina.

Nello specifico della resistenza all’imposizione della fuga all’estero come scelta obbligata e non come opportunità possibile, un’imposizione mediata con il dispiegamento del meglio del patrimonio ideologico padronale e dei suoi attori, abbiamo individuato un aspetto particolare su cui muovere una campagna di agitazione e di confronto che sappia caratterizzare oggi la questione generazionale come risultante pratica di un processo generale. Un processo i cui protagonisti e artefici sono le frazioni di borghesia che agisconoper la costruzione di un “super-stato” europeo, uno spettacolo al quale non vogliamo assistere supini mentre ne subiamo le conseguenze sulla nostra pelle. Per contribuire perciò alla ricomposizione soggettiva di un corpo sociale precario ed eterogeneo, di fronte alla chiusura di margini di trattativa e mediazione, dobbiamo insistere nell’indicazione della forma che il capitalismo sta assumendo qui ed ora e del piano dello scontro più avanzato che l’avversario di classe sta determinando. Il soggetto da indicare è l’Unione Europea, che modella la divisione internazionale del lavoro a favore delle attuali necessità di settori di classe dirigente, che ordina lo smantellamento del welfare, che cerca di giocare la sua partita nella contesa imperialista dei territori, che cancella diritti e riduce l’accesso per la maggioranza della popolazione a forme di salario diretto e indiretto.

Un ragionamento basato su queste linee guida è stato il nostro portato specifico all’iniziativa di venerdì sera, la quale ha sicuramente contribuito ad aggiungere maggiore comprensione sulla lettura ad ampio raggio di questi meccanismi. Ciò ci ha aiutato a fare ulteriore chiarezza su come declinare il nostro intervento politico nel prossimo futuro, rivolgendo uno sguardo anche ai momenti di mobilitazione nazionale che consideriamo più avanzati, e all’interno dei quali andare a trovare possibili interlocutori. Già la manifestazione del 12 aprile è sicuramente un appello a cui non vogliamo mancare. Dobbiamo però riconoscerne alcuni limiti. La costruzione delle giornate nazionali di ottobre era risucita a dare una voce unica alle rivendicazioni del sindacalismo conflittuale, ai movimenti per l’abitare, alle lotte dei comitati territoriali che si battono contro la devastazione dei territori. Questo allora poteva essere il momento opportuno per alzare l’asticella del confronto, indicando la regia di comando che determina le scelte dei governi nazionali ad essa complici. Per questo intendiamo condividere la nostra presenza in piazza con chi, nella pur giusta e condivisa lotta contro la precarizzazione del lavoro e per un reddito minimo garantito, non vuole arrendersi alla possibilità di uno scontroche sia veramente politico.

O ci arrendiamo all’idea che la partecipazione politica delle fasce popolari subisca l’egemonia delle retroguardie nazionaliste e reazionarie, che cercano di riaffermare le proprie istanze in un momento storico in cui le frazioni di borghesia transnazionale detengono le redini del comando, o apriamo spazi di confronto a sinistra che sappiano individuare le forme che si sta dando l’attacco di classe dall’alto nel contesto della centrificazione europeadurante la crisi. La soluzione non sta né nel tornare indietro né nell’andare avanti, ma nel cambiare strada e uscire dal sistema capitalista!

NOI RESTIAMO