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Chi soffia sui venti di guerra
Sembra di essere tornati indietro di cento anni netti, quando le testate giornalistiche si facevano trombe di guerra al servizio di quella classe politica tutta -a parte qualche significativa scissione- che la guerra la voleva a tutti i costi.
Sembra di tornare a leggere le parole di D´Annunzio sulle colonne del Corriere della Sera, o quelle del giovane Mussolini sul suo nuovo Popolo d´Italia, finanziato direttamente dalla Francia.
Oggi come allora la classe politica tutta, e questa volta senza nessuna ribellione in vista, é pronta, vuole e desidera la guerra, e oggi come allora la stampa libera e democratica del nostro paese é pronta a farsi cassa di risonanza dell´interventismo del Pd, del dinamico duo Renzi&Mogherini, e della UE unita ancora nel mortale abbraccio della Nato con gli USA. Anche qui, senza che nessun fronte “neutralista” sembri possa esistere.
Non ci scandalizziamo ormai piú per niente, ma non per questo dobbiamo abituarci alle oscenitá militariste che escono ogni giorno dagli editoriali e dagli articoli di Repubblica e del Corriere che proprio come la propaganda del 1914 e del 1939 vogliono spingere l´opinione pubblica a supportare un intervento contro la Russia, proprio come ai bei tempi andati.
Affronteremo ora, brevemente, l´editoriale del 5.09.2014 di Ezio Mauro su la Repubblica. Basterebbe il titolo “L’Occidente da difendere“ a fare rizzare i capelli ai sinceri democratici e pacifisti, ovvero proprio quelli che nel 2001 e nel 2003 leggevano la Repubblica come ultima possibile resistenza pacifista “intellettuale” contro gli allora Bush e Berlusconi. Ma si vede che la guerra é bella o brutta a seconda di chi la combatte.
Questo Occidente da difendere fa inoltre riaffiorare alla memoria i peggiori teorici politici degli ultimi anni, la Fallaci in Italia, Huntington negli States, che –sempre al tempo- venivano accusati di essere in odore di fascismo, o quantomeno un tantino xenofobi e razzisti, proprio nel senso di porre la propria razza, anche se adesso si chiama “civilitá”, ed é quella occidentale, al di sopra delle altre.
Il nostro caro Ezio misura con inquietudine gli sconfinamenti di Putin, ma non il governo nazista di Kiev che bombarda la cittá, e che le sanzioni –guarda un po´, non abbiamo imparato proprio niente- non portano altro che un maggiore nazionalismo. Scopre lo spirito imperialista della Russia, ma non la pressione militare che la Nato ha strategicamente portato avanti negli ultimi anni assorbendo in sé i paesi confinanti. Per poi volare senza soluzione di continuitá ed atterrare placidamente sul Califfato Islamico, tracciando cosí un tracciato che unisce inseparabilmente uno Stato sovrano e un gruppo militare odiato da tutti e ponendo cosí un netto confine che distanzia Noi, l´Occidente e la civiltá, e gli Altri, il resto del mondo e la barbarie.
Ezio ne deduce che se due “parti del mondo” (!) designano l´Occidente come loro nemico, allora questo Occidente deve esistere, e deve esserne cosciente, e quindi difendersi combattendo il non-Occidente. La banalitá costruttivista di questa analisi é nauseante. La Russia non ha dichiarato nessuna guerra all´Occidente, ma sta agendo in maniera difensiva, per quanto violenta, all´espansionismo della Nato, che era una clausola piuttosto naturale in seguito al crollo dell´URSS. Il Califfato prima che all´Occidente sembra avere dichiarato guerra all´Islam stesso, entrando in conflitto contemporanemanete contro tutti gli Stati esistenti, tanto che in questo momento dobbiamo in qualche modo sostenere addirittura i nostri eterni nemici quali l´Iran, la Siria, e addirittura i Curdi.
Cosa dovremmo fare quindi? Dobbimo ridefinire l´Occidente “come un elemento della nostra identità culturale, istituzionale e politica”.
L´ultimo grande argomento del buon Ezio é la solita paternale contro la crisi e sul fatto che la democrazia deve tornare ad affermarsi con forza dentro i confini per rafforzare le istituzioni eccetera. Ma quello che vuole dire veramente ha il vecchio sapore della democrazia esportata sulla punta delle baionette, un Occidente ricostruito a partire dalla sua base militare, lodando quindi il summit gallese della Nato ed esortandolo a fare di piú.
Non analizzeremo piú a fondo questo sgraziato peana, né vogliamo entrare nei suoi analoghi cantati dagli altri giornali.
Solo un paio di concetti é bene ribadire, che é la lezione che ci hanno fatto alle elementari sulla guerra, la piú semplice, e che viene troppo spesso dimenticata. Non esistono guerre di valori, ma solo guerre economiche; se il tuo paese vuole entrare in guerra ti mostrerá il tuo avversario come un mostro, lo disumanizzerá in modo che tu non abbia problemi poi ad ucciderlo.
Nel 1915 i mostri erano gli Austriaci, nel 1940 erano gli Inglesi, i Francesi e i Russi, nel 1943 si sono traformati in Tedeschi. Oggi i mostri sono di nuovo i Russi, e gli Islamici… Il ruolo di Ezio –il ruolo dei mezzi di disinformazione di massa- é ripetercelo finché non ce ne convinceremo e lo accetteremo senza problematizzare né fare domande, in modo che tutti sventolino la bandiera italiana quando entreremo in guerra, e che tutti gridino “cannoni” alle adunate di piazza.
Noi non ci faremo incantare. Essere pacifisti é un buon inizio, ma bisogna essere anitfascisti e antimperialisti sempre per capire chi conduce le guerre, perché, e dove.
Noi restiamo
“PAROLE VUOTE E SOLUZIONI CONCRETE”!
Oggi si è svolto un presidio indetto da ASIA-USB sotto la sede del comune in piazza maggiore. Ci limiteremo a condividere il comunicato stilato dopo il presidio:
Bologna 08/09/2014 L’incontro avvenuto oggi al tavolo per le “Politiche per l’abitare e l’emergenza abitativa” tra la Federazione USB Bologna, ASIA e i rappresentati dell’ Amministrazione Comunale, presente l’Ass. Malagoli , ci lascia ancora una volta insoddisfatti. Le linee di intrevento con cui l’amministrazione intenderebbe risolvere le problematiche abitative che riguardano migliaia di lavoratori sono la solita “Minestra riscaldata “ , con l’aggiunta di acqua. Riproporre il modello del “Protocollo Antisfratto” che in 3 anni ha risolto 130 situazioni, a fronte di 4500 sfratti nella sola città di Bologna, non fa che aumentare la nostra tesi sul metodo fallimentare che la giunta vuole riproporre in versione più allungata ma ugualmente fallimentare. Notiamo , inoltre, che anche nel documento che la Giunta ha messo in discussione (ma il Sindaco ha già enunciato) la divergenza che corre tra la nostra Organizzazione e l’Amministrazione Comunale è ampia. Da mesi ormai proponiamo - blocco degli sfratti, requisizione degli alloggi sfitti, legalizzazione delle occupazioni abitative. Continueremo la nostra lotta, che è la lotta di chi, privato della dignità, subisce le conseguenze del reazionario Piano casa di Renzi. Di tutto questo nell’incontro non si è parlato, argomenti di cui ci saremmo aspettati, pur nelle dovute divergenze, l’apertura di un dialogo , abbiamo dovuto invece ascoltare ancora una volta solo parole. Vediamo invece una netta presa di distanza dalle occupazioni per poi proporre le soluzioni che quelle occupazioni hanno di fatto portato alla luce, quando tutta l’amministrazione comunale faceva finta che quei problemi non esistessero. Rilanciamo dunque l’attività che Asia porta avanti da anni, quella dei presidi contro gli sfratti, delle occupazioni e dell’organizzazione dell’inquilinato e della popolazione senza casa, consapevoli che in una società in cui si pretende di fare politica unicamente con vuote parole è l’unico modo per scuotere le coscienze. Coscienze a tal punto addormentate da non riconoscere la spirale in cui questa crisi, generata e alimentata dai governi che si sono succeduti fino a quello attuale, lascia sprofondare la popolazione, smantellando gradualmente tutto il sistema di welfare pubblico e appaltandolo a privati. Questo modello di gestione criminale, che passa a Bologna per la svendita del patrimonio immobiliare pubblico e l’affidamento della gestione di diverse case Acer a enti privati. E’ chiaro che in questo modo si aprono spazi giganteschi per la speculazione e l’abuso delle risorse, ma dopotutto è proprio questo il solco tracciato dal Piano Casa. Per questo, continueremo a riempire le piazze di alternativa sociale, solidarietà, rabbia ma anche speranza, in una lotta che non si arresta.
Renzi, Schulz, PD e PSE: solo guerra e precarietà!
Con questo striscione abbiamo voluto salutare oggi l’arrivo di Matteo Renzi alla festa dell’Unità di Bologna.
Lo abbiamo voluto salutare, assieme al leader tedesco del PSE, Martin Schulz, con due parole molto chiare e semplici che riassumono l’essenza delle politiche portate avanti dal PD e dal PSE: guerra e precarietà!
Il Partito Democratico infatti assume, nel suo agire politco, la filosofia, la visione del mondo e la responsabilità politica delle istituzione dell’UE, che levano alta la bandiera della precarietà lavorativa ed esistenziale, delle privatizzazioni, della guerra fra poveri, a favore della competizione internazionale a ogni costo senza curarsi del massacro sociale che tutto ciò comporta.
Renzi è chiamato, dopo la poca spendibilità di Monti e Letta, a stabilizzare l’anomalia italiana mostrando mediaticamente di avere un ruolo di mediazione rispetto ai vincoli della Troika, ma applicandone le politiche in realtà in toto.
Con questo striscione abbiamo voluto ricordare il ruolo del PSE, che con Schulz ha soffiato sulla guerra in Ucraina; come anche Mogherini, Ministro della Difesa italiana, alto rappresentante per la politica estera europea, che rimane comunque sulle posizioni non concilianti di NATO e UE, nonostante il tentativo dell’altra parte di siglare una tregua duratura.
Questo striscione vuole essere un altro segno del nostro dissenso alla Festa dell’Unità dopo le contestazioni della settimana scorsa: prima al ministro Lupi, che ci ha visti presenti con ASIA USB, poi a Farinetti, azione di protesta con cui solidarizziamo pienamente. Piano casa, Jobs act e grandi opere, simboli dell’attacco dall’alto alle fasce più deboli, della speculazione, per precarizzare, per scomporre, sfruttando disoccupazione e miseria.
Renzi è chiamato ad attuare queste misure che, oltre che nei contenuti, anche nella forma – la governabilità al primo posto, attuata tramite l’accentramento istituzionale, l’assenza di consultazioni democratiche e la fine del confronto con i corpi intermedi – corrisponde al piano dell’UE e di Schulz, presidente del suo Parlamento senza poteri.
Rilanciamo il Controsemestre Popolare e di Lotta
Noi Restiamo
Schulz e Renzi: la Festa neoliberista dell’Unità
Gli organizzatori della Festa nazionale dell’Unità di Bologna hanno rotto gli indugi e finalmente gettano la maschera. Hanno deciso infatti di accogliere con queste parole, scritte nero su bianco lungo uno striscione di 10 metri, gli ultimi sprovveduti ospiti che verranno a farsi imbonire dalle parole di due degli attuali leader della politica neoliberista dell’Unione Europea.
Tra oggi e domani, in due differenti iniziative, il presidente dell’europarlamento e il premier italiano calcheranno il palco della vergognosa kermesse. Una festa in cui vengono celebrate le scelte assunte finora dalle loro forze politiche sul piano nazionale e continentale, baluardi fondamentali per la trasmissione e l’applicazione dei diktat della tecnocrazia europea, a discapito delle fasce popolari delle società del Mediterraneo e dei lavoratori di tutte le periferie produttive. Pse e Pd sono proprio tra i principali artefici del Fiscal Compact, del MES, e del processo di massacro sociale che da Maastricht in poi si abbatte sulle classi più deboli del continente, articolato in maniera più forte e decisa in questi anni in cui la crisi si fa sistema.
A partire da questa mattina quindi un primo segnale si leva alto contro la cortina di fumo che i due signori pensano di poter vendere a orecchie disattente, e quest’insegna a poche centinaia di metri dall’entrata della festa accoglierà anch’essi, perché sappiano che sempre di più sono quelli che conoscono le loro responsabilità e si opporranno alle loro politiche.
Bologna. I senza casa alla festa dell’Unità per contestare il ministro Lupi
Blitz e presidio di ASIA-USB per il diritto all’abitare. Alla festa nazionale dell’Unità, kermesse del PD a Bologna, era prevista la partecipazione del ministro Lupi, il “mandante” del vergognoso art.5 del decreto sulla casa. I senza casa, gli sfrattati, gli occupanti di edifici lasciati vuoti dalla speculazione hano ritenuto di far sentire al ministro e ai suoi sodali la propria indignazione. Ma la festa ha chiuso i battenti al dissenso sociale,portato da attivisti e occupanti.Il Piano Casa di è una violazione dei diritti e un via libera alla speculazione edilizia.
La funzione de La Repubblica, un giornale che vuole essere “totale”
Nelle ultime settimane, è giunta la richiesta dall’Unione Europea di una ulteriore cessione di sovranità da parte degli stati agli organi dell’Unione stessa al fine di poter fare più in fretta e meglio le riforme strutturali. Tale richiesta, rivolta con formula ampia a tutti gli Stati dell’Unione (come si sgola a ripetere Renzi), ma fin troppo chiaramente, dato il contesto in cui è stata formulata, diretta in particolare all’Italia, rappresenta la semplice enunciazione in forma palese del piano politico perseguito e delle modalità della sua attuazione. È importante quindi continuare ad approfondire una visione di classe che sappia leggere questo piano ed individuarne gli agenti principali delegati a renderlo digeribile all’opinione pubblica, per poter immaginare una risposta all’altezza dell’attacco che stiamo subendo.
Ciò che qui ci interessa non è quindi proporre considerazioni generali sul ruolo dell’UE e sui suoi fini, ma un’analisi della funzione del quotidiano La Repubblica, che da anni è ormai lo strumento fondamentale di costruzione e diffusione della “weltanschauung” dominante. Recentemente anche su Contropiano si è evidenziata la pericolosità dei deliri proposti dai domenicali del suo fondatore, Eugenio Scalfari, e ad inizio estate diverse sono state le mobilitazioni che da Napoli a Bologna si sono mosse contro questa testata, ad evidenziare una presa di coscienza che lentamente ma con costanza si sta diffondendo a settori sempre più ampi. Troviamo assai riduttive quelle affermazioni che definiscono La Repubblica come “il giornale di Renzi”, “il giornale dei padroni”, “uno strumento di distrazione di massa” e via dicendo. La Repubblica è, certamente, tutto questo, ma è anche molto di più. Queste definizioni sono limitanti, e finiscono per minimizzare il ruolo del quotidiano, perché ne colgono solamente un aspetto particolare, e non riescono ad afferrarne la funzione generale. Se pensiamo alla Repubblica come il giornale di Renzi, collochiamo la sua “azione” solo nell’ultimo ristretto periodo temporale: essa operava invece anche prima, ed opererà anche dopo Renzi; sarebbe più corretto dire che essa è il giornale di ciò che Renzi rappresenta. Definirla solo come “il giornale dei padroni”, cosa che senz’altro è, ne appiattisce le specificità rispetto agli altri quotidiani (sono più o meno tutti giornali dei padroni). Attribuirle soltanto la funzione di distrazione, che sicuramente ha, rischia di lasciare in secondo piano la funzione costruttiva, altrettanto se non ancor più pericolosa.
Partendo dalla constatazione della potenza dell’informazione, e della sua assoluta essenzialità per un sistema di potere sempre più oligarchico ed inegualitario, potremmo dire, in senso ampio, che La Repubblica è il quotidiano che sostiene e giustifica il progetto politico dell’Unione Europea. Essa ne propone, mitizzandoli, sia gli assiomi economici (e circa questi esprime il massimo della propria potenza mistificatoria, superando di gran lunga il limite della decenza), sia i dogmi politici e culturali. La Repubblica non è solamente il vassallo del rappresentante del Potere di turno, essa ha e realizza un progetto che è complesso e “totale”, vuole toccare tutti gli aspetti della nuova coscienza “progressista”, forgiare coscienze amanti del politicamente corretto, della competitività, della produttività, della legalità, dello sviluppo, eccetera, eccetera, eccetera… ma andiamo con ordine.
L’universo valoriale che si cerca di introiettare è quello tipicamente liberal-liberista su cui si fonda l’UE, come emerge troppo chiaramente dai suoi trattati e dalle decisioni della Corte di Giustizia, parte integrante del diritto dell’Unione. Tra i diritti fondamentali e le libertà economiche, sono le seconde a prevalere sempre e comunque; il che potrebbe aprire il dibattito sul carattere conservatore e strumentale delle affermazioni dei diritti fondamentali, ma che qui non ci interessa. Ci limitiamo invece a segnalare una particolarità linguistica estremamente significativa: né la lingua francese, né l’inglese conoscono la distinzione tra liberalismo e liberismo; crediamo si possa dire che tale distinzione non c’è perché il profitto e le libertà economiche sono l’assoluto padrone dell’impianto ideologico, sono misura di tutto il resto; le altre libertà esistono e si esplicano solo in funzione delle prime.
Se partiamo da qui possiamo meglio comprendere sia l’avversione de La Repubblica per Berlusconi, specie nell’ultimo periodo del suo governo, sia il conseguente amore per Napolitano, Monti, Letta, Renzi e i prossimi a venire.
L’avversione per Silvio non si traduceva infatti in una critica serrata a quella “rivoluzione liberale” che egli affermava di voler fare, né, tanto meno, alla criminale legge Biagi (d’altronde sulla scia della legge Treu), o alla riforma Gelmini, che tanto piace agli atenei più competitivi. Essa si rivolgeva invece ai caratteri del personaggio che facevano riferimento ad un tipo di borghesia clientelar-mafiosa che non può sopravvivere all’interno del progetto di ristrutturazione dell’UE e del ruolo da assegnare all’Italia. Non che scompaiano le mafie, le tangenti e via dicendo (si vedano Tav, Mose, Expo…), semplicemente il rapporto del Potere con questi meccanismi deve essere diverso. Non a caso l’attacco costante e continuo a Berlusconi veniva portato con toni moraleggianti soprattutto sulla questione dello sfruttamento della prostituzione, e, da qui, il quotidiano voleva proporre un’istanza di “emancipazione femminile”. Di quelle belle parole contro le donne-oggetto, le donne-immagine e della loro strumentalità parlano chiaramente le pubblicità (che portano molti soldi a tutte le pubblicazioni del gruppo Rcs) che propongono la stessa immagine della donna a suo tempo criticata negli articoli, gli insulti maschilisti e non politici a Carfagna e Minetti, i servizi sul sedere di Kate Middleton, l’adorazione (si veda la palese incongruenza coi giudizi sulla Minetti) per le nuove vallette renziane, i continui servizi fotografici sulle sportive delle olimpiadi e dei mondiali (le giocatrici di pallamano della Croazia sono splendide…). Con le vallette renziane il modello delle ministre berlusconiane, intriso sicuramente di un maschilismo più volgare, non è stato abolito, ma semplicemente superato, senza che vi sia stato un cambio di rotta reale.
A tutto questo si aggiungano le continue sparate, ormai davvero farneticanti, di Scalfari, maschilista fino all’inverosimile, che vuole farsi portavoce del nuovo “femminismo”, che, a suo avviso, non rifiuta il ruolo familiare della donna o il suo servilismo nei confronti dell’uomo, e vuole invece solo la fantomatica “parità dei diritti”. Aggiungo soltanto che nei vari anni in cui le prime pagine del quotidiano erano occupate da attacchi a Berlusconi, l’unico articolo serio e feroce contro il sistema berlusconiano, che coglieva nella commistione tra privato e pubblico il vero nocciolo della questione, sia stato scritto da Zagrebelski. Risulta quindi ancora più evidente la mancanza di contenuti della campagna “Se non ora quando?”, che ripeteva solamente slogan antiberlusconiani senza cogliere assolutamente il punto nodale del problema.
Se questo era l’aspetto centrale della critica a Berlusconi, con le incongruenze evidenziate, se ne capisce la assoluta strumentalità e si comprende invece la attuale morbidezza del quotidiano verso il Cavaliere, ora che egli è, con i propri parlamentari, stampella fondamentale di tutti i governi che sono seguiti: ora che le redini sono saldamente tenute da Bruxelles, da dove vengono tutti i diktat politici, il Cavaliere non solo non deve più essere attaccato, ma è, obbligatoriamente, un soggetto politico con cui confrontarsi, a patto che aiuti a fare le riforme necessarie (il bravo lettore di Repubblica sa che le riforme strutturali rilanceranno il paese e lo faranno crescere, che poi gli studi economici smentiscano le teorie sugli effetti salvifici della “flessibilità” sul lavoro e tutto il resto non lo riguarda, nessuna di quelle parolacce giunge al suo orecchio).
Se questo è il ruolo del quotidiano, è facile allora comprendere lo smisurato amore per Napolitano; fin dall’inizio del suo mandato il Presidente della Repubblica è uscito dalle proprie prerogative istituzionali per rendere chiara e stabile la linea politica: quella dettata da Bruxelles. Mentre i governi sono instabili a causa delle varie tornate elettorali, che mostrano un paese incerto e confuso (e infatti si è deciso di smettere di farle, le elezioni), e dei tiramenti dei singoli parlamentari, che oltre agli interessi di Bruxelles sono molto affezionati ai propri, Napolitano rappresenta l’architrave del progetto politico e per questo va incensato e sostenuto in ogni modo; anche quando fa eliminare registrazioni scomodissime sulla trattativa stato-mafia, anche quando viola palesemente la Costituzione. Si rassegni chi pensava che le pratiche di Berlusconi fossero incostituzionali e per questo andassero contrastate: nel giro di pochissimo tempo la Costituzione è diventata obsoleta (anche se è piuttosto giovane, sarà l’età biologica…) e da cambiare ad ogni costo. Non si possono dunque che riservare applausi a questo Presidente, anche se pare che tra non troppo vorrà ritirarsi. Il solo pensiero del successore fa venire i brividi…
E così a seguire il sostegno a Monti (dipinto come un santo, sembrava splendesse di luce propria), Letta (minore, perché meno efficiente nell’attuazione dei diktat) e Renzi, amatissimo nonostante abbia moltissimo in comune con l’odiatissimo Berlusconi (tra cui una cena ad Arcore quando ancora vi avvenivano quelle cose terribili di cui, con gusto da voyeurs, ci informavano prontamente).
Il progetto non si limita però al sostegno pressoché incondizionato al presidente di turno, ma è anche un progetto di “costruzione” culturale. Per comprenderlo dobbiamo capire il soggetto-tipo a cui è indirizzato il quotidiano, che presenta già delle specificità proprie, sulle quali poi esso agirà come un tamburo martellante. Il soggetto di riferimento è quello che mediamente si autodefinisce liberal “di sinistra”, in piena linea con il pensiero mainstream, ma che non rinuncia ad alcuni elementi “progressisti”. Normalmente non si ritiene né razzista, né omofobo, né fascista, è contro la violenza, per il dialogo, per i diritti delle donne e i diritti civili, semi-pacifista. Su tutti questi attributi il quotidiano agisce creandone un’immagine surrettizia, come una patina dorata, introiettando al tempo stesso pensieri e modi di ragionare che, se analizzati, si rivelano essere tutto il contrario.
Ad esempio, se il quotidiano è apertamente contro gli insulti razzisti (ultimo caso: Tavecchio), al tempo stesso giustifica e considera come un dato di fatto assolutamente normale la presenza dei Cie, attaccando le manifestazioni di dissenso di coloro che vi si oppongono. Ancora, gli articoli di cronaca nera, nel caso in cui riguardino extra-comunitari, portano già nel titolo l’indicazione della nazionalità del terribile “criminale”, che fa così assurgere al rango di notizia degna di nota anche una semplice lite.
Ci si proclama per i diritti delle donne, interpretati però solo come un’esigenza di visibilità che si esplica nelle quote rosa e il desiderio di conformarsi agli standard di successo maschili (carriera dirigenziale, imprenditoriale…).
Si è contro l’omofobia, ma al tempo stesso non abbandona tutte le cautele dovute all’influenza del potere temporale del Vaticano.
Contro la violenza, ma solo se viene da pericolosi antagonisti o ultras, quando proviene dalle forze dell’ordine diviene gestione impeccabile della piazza.
Il dialogo e la libertà di pensiero sono tenuti in estrema considerazione, a patto però di pensarla come loro. Sono ammesse solo piccole varianti sul tema, la piena e totale condivisione dell’impianto ideologico è necessaria affinché si possa dialogare.
La guerra è una cosa brutta, ma che qualcuno contrasti gli interessi Occidentali è ancora peggio: sempre antifascisti, ma i nazisti ucraini piacciono moltissimo, i sionisti israeliani forse ancora di più.
Il Ventennio è stato un periodo orribile, ma anche i partigiani non scherzavano; e allora il quotidiano procede al completo sdoganamento dell’interpretazione fascista delle foibe e sostegno alla meravigliosa giornata che è stata dedicata a quei presunti martiri.
Si propongono, con un misto di invidia ed ammirazione da piccolo-borghese provinciale, i paesi del Nord-Europa come modelli di produttività e competitività, senza mai interrogarsi né su cosa sorregga le loro strutture produttive, né su quegli aspetti delle loro legislazioni che, invece, sono sempre al centro della discussione quando si parla delle norme italiane. Nessuno discute il fatto che la Bundesbank affermi che i salari (dei tedeschi, si badi bene) debbano essere alzati, o che Hollande abbia appena limitato i tirocini gratuiti o l’utilizzo del contratto di apprendistato. Da noi si incensano il decreto Poletti e lo Youth Guarantee… L’ammirazione per i paesi del Nord sembra allora essere riservata non al loro welfare-state, ma al fatto che il bunga-bunga altrove non sarebbe mai stato accettato (e che soddisfazione scoprire delle scappatelle notturne di Hollande, tra il romantico-decadente e il ridicolo!). La costruzione dell’immaginario atto a sostenere l’emigrazione dei giovani disoccupati italiani, che dovrebbero fuggire all’estero piuttosto che pretendere un cambio di rotta a casa propria, passa anche attraverso le pagine di questo giornale.
Interrompiamo qui la carrellata di esempi, anche se potremmo andare avanti ancora decine di pagine, perché ci sembra che già questi bastino ad affermare che La Repubblica riprende elementi culturali e politici tipici della “sinistra” per svuotarli completamente di senso, reinterpretandoli come stupide etichette sotto le quali invece si nascondono, neanche troppo bene, basi di pensiero reazionarie ed insopportabili.
Concludiamo riaffermando il ruolo strumentale del quotidiano rispetto al potere dominante, che deve essere individuato nelle mani di quella frazione di borghesia transnazionale che si sta consolidando coerentemente con le logiche politiche di Bruxelles. Questa funzione ci sembra emergere chiaramente da un’analisi delle parole d’ordine del quotidiano rafforzatesi negli ultimi anni del governo berlusconiano, ma che erano già presenti sin dagli albori della sua fondazione, come ben sanno i compagni che sostenevano le mobilitazioni della nuova sinistra in quegli anni. Tale ruolo non si esplica solo nel sostegno alle tesi economiche del blocco europeista, ma al tempo stesso si propone di riprendere e ribaltare elementi tipici della sinistra come l’antirazzismo, l’antifascismo, il femminismo etc. reinterpretandoli in chiave reazionaria e riaffermando i valori e gli atteggiamenti a cui questi invece si oppongono, creando così una corrente di pensiero “totale”.
Gherardo Leone per Noi Restiamo
Riparte la mobilitazione per il diritto all’abitare
Martedì 26 agosto ore 10:00 Presidio sotto Palazzo D’Accursio per il Diritto all’Abitare
Dopo anni di lotte, di blocchi degli sfratti, di occupazioni, di denunce, di
condanne, di sgomberi, di incontri con le istituzioni troppo spesso sorde di
fronte all’emergenza abitativa che la crisi ha ampliato e reso strutturale;
ora, anche all’interno della Giunta comunale bolognese, c’è chi sostiene che
la requisizione di immobili pubblici sfitti , per adibirli ad uso
abitativo, è una soluzione attuabile.
L’esponenziale aumento degli sfratti , saranno 2000 a partire dall’autunno,
in una città dove la crisi economica picchia duro come in altre parti del
Paese e che ogni giorno perde posti di lavoro e pezzi di welfare a favore
degli interessi privati, obbligano tutti al confronto per la ricerca di
soluzioni non più rinviabili.
La necessità del blocco degli sfratti, della requisizione degli alloggi
sfitti, della legalizzazione delle occupazioni abitative, quali soluzioni
dell’emergenza abitativa; dovrebbero obbligare anche quella parte della
Giunta comunale che non le considera più un tabù, a battersi contro il
decreto reazionario del governo Renzi che toglie a chi occupa, per necessita
,la residenza,l’acqua e la luce e che si accanisce contro chi una casa non
ce l’ha.
Con il presidio del 26 agosto riparte una mobilitazione che mette al centro
la difesa del bene pubblico, perchè lasciare immobili pubblici, pagati con i
soldi di tutti noi, sfitti a marcire , in balia del degrado e dei topi, è
una vergogna.
Se non ci sentiranno saremo orgogliosi custodi di altri immobili, oltre a
gli attuali, insieme a centinaia di famiglie che oggi soffrono anche a
causa dell’ottusità politica di chi non si vuole “sporcare le mani” con le
necessità a cui devono fare fronte questi settori della popolazione per
avere una vita dignitosa.
Per questo il 26 agosto 2014 il presidio si terrà in Piazza Maggiore sotto
il palazzo di tutti i cittadini bolognesi in contemporanea con la riunione
di giunta comunale.
Saremo in Piazza per dire no a tutti gli sfratti, chiedendo la moratoria di
tutti gli sfratti incolpevoli, no a gli sgomberi di chi ha trovato soluzioni
che i politici non danno, per dire no alla svendita dello stato sociale e
di beni pubblici , per la requisizione degli immobili sfitti pubblici per
adibirli ad uso abitativo.
Per difendere le Occupazioni (le Ex Scuole Ferrari, la Casa occupata
Nelson Mandela , Centro di Accoglienza Occupato Lampedusa ) aggredite dal
Reazionario Piano Renzi-Lupi, che tenacemente resistono e difendono la loro
“casa”.
Diamo appuntamento a tutti il 26 agosto 2014 alle ore 10:00 in piazza maggiore
sotto palazzo d’accursio
ASIA/USB BOLOGNA
FEDERAZIONE USB BOLOGNA
Da Bologna a Gaza: no alle stragi di stato!
Il 2 agosto 2014 saremo in Piazza Medaglie d’Oro a ricordare le vittime della strage e di tutte le stragi di Stato. La memoria, filo di continuità della Storia, non può lasciarci indifferenti mentre si compie l’ennesima strage a carico della popolazione di Gaza, strage deliberatamente determinata da Israele che, come sempre, agisce senza freni sicuro del silenzio e della complicità di molti Paesi, Italia compresa, e istituzioni internazionali.
Nell’arco di 21 giorni di bombardamenti incessanti e con il tentativo di un’invasione di terra della Striscia di Gaza, Israele ha ucciso oltre 1000 persone, fra questi moltissimi bambini. Obiettivo dei bombardamenti sono abitazioni civili, scuole, ospedali e ambulanze, il risultato sono devastazioni e condizioni umane apocalittiche.
A livello internazionale, mentre si muove la solidarietà popolare, la diplomazia mondiale va a passo di lumaca in maniera ipocrita e inconcludente. Solo dopo due settimane di massacro, il Consiglio per i Diritti Umani dell’ONU ha deciso di approvare la creazione di una commissione di inchiesta che indaghi eventuali crimini di guerra di Israele su Gaza, l’Italia e i paesi dell’UE si sono astenuti confermando l’anima tutt’altro che pacifista dell’Unione Europea. Lo Stato italiano, ambiguo e omertoso nelle varie stragi nel nostro Paese, anche in questa occasione rimane in silenzio, regalando ancora una volta la sua complicità alle devastazioni israeliane. Questo silenzio è avallato dalla disinformazione fatta dai principali giornali e canali televisivi italiani a servizio della propaganda israeliana.
In continuità con le manifestazioni di solidarietà con il popolo palestinese delle scorse settimane, anche nella giornata della commemorazione delle vittime della strage di Bologna, oltre a rinnovare la nostra vicinanza alle famiglie delle vittime, rinnoviamo la nostra solidarietà con chi è sotto i bombardamenti e l’occupazione israeliana. Denunciamo la politica distruttiva dello stato israeliano e la complicità di chi guarda in silenzio o distorcendo le informazioni dipingendo i massacratori come vittime. Le rituali passerelle che i rappresentati istituzionali, complici del massacro palestinese e del massacro sociale delle politiche di austerity, vengono a fare il 2 agosto a Bologna risultano opportuniste, ipocrite e ciniche. Invitiamo tutti a sostenere la campagna di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni (BDS) contro lo Stato di Israele e chiediamo alle istituzioni italiane e al Comune di Bologna di condannare in maniera chiara e univoca la strage di Gaza interrompendo accordi e cooperazioni con lo stato di Israele.
2 agosto 2014 ore 9,00
Piazza Nettuno – Bologna
STOP BOMBING GAZA
Adesioni:
USB, Comitato Palestina Bologna, Comitato Ucraina Antifascista, Ross@ Bologna, Rete dei Comunisti, Noi Restiamo, ASIA-USB, csa Lazzaretto, Primavera Urbana, Rete Corpi Civili di Pace, cs TPO, Labàs Occupato, Hobo, PCL, Exaequo-Bottega del Mondo, Coordinamento Campagna BDS Bologna, PdCI, VAG61, XM24
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Informazioni e contatti:
http://comitatopalestinabologna.blogspot.com/
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La Bologna degna scende in piazza unita per la Palestina
Continua la campagna a sostegno della popolazione palestinese a Bologna. Dopo le iniziative dei giorni scorsi, almeno un migliaio in piazza San Francesco oggi pomeriggio, 15 luglio, ottavo giorno dei bombardamenti israeliani su Gaza. Una partecipazione oltre ogni previsione solo in parte preannunciata dalle adesioni all’evento sul social network e dalle numerose e varie sottoscrizioni al comunicato che lanciava l’iniziativa.
Numerose realtà politiche, di movimento, sindacali, numerose associazioni e singoli si sono incontrati in un presidio che spontaneamente ha sfilato da piazza San Francesco a Piazza Maggiore con in testa lo striscione “Stop bombing Gaza”.
Il corteo ha unito trasversalmente tutti al di sopra delle diversità per lanciare un unico messaggio forte contro la devastazione israeliana su Gaza, contro la complicità delle istituzioni e dei media italiani alla politica israeliana, ma soprattutto per avvolgere in un forte e virtuale abbraccio la popolazione palestinese, ostaggio di una prigione a cielo aperto. Ciò si è sentito nei diversi interventi al microfono, anche di rappresentanti dei palestinesi a Bologna, e nella determinazione con cui il corteo ha respinto in piazza Maggiore i soliti squadristi provocatori che vogliono far scempio di questa città.
Oggi ha sfilato la Bologna degna che ha unito la sua ricchezza di diversità in solidarietà al popolo palestinese che da oltre 60 anni resiste ad una delle più ingegnate e feroci occupazioni. Lo striscione in testa al corteo è stato appeso e lasciato in via del Pratello, via bolognese simbolo della Resistenza partigiana che anche oggi si unisce idealmente alla Resistenza palestinese.
Continueremo anche nei prossimi giorni con iniziative a sostegno della Palestina occupata e di Gaza sotto attacco, così come chiesto nell’appello della società civile di Gaza. La solidarietà non si ferma.
Vita, Terra e Libertà per il Popolo Palestinese
Rete dei Comunisti
Comitato Palestina Bologna
Noi Restiamo
Ross@ Bologna
TPO
Comitato Ucraina Antifascista
USB Bologna
Pratello R’esiste
Hobo
PdCI Bologna
Earth Riot
Exaequo-bottega del mondo