In questi mesi di celebrazione del centenario dell’ingresso dell’Italia nel primo conflitto mondiale, l’aria si è fatta alquanto pesante, caricata da discorsi e immagini improntati allo sciovinismo e alla retorica patriottarda più svergognata.
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Quei pazzi uomini della pubblicità – Mad Men (recensione)
Coca Cola. Il primo e il più iconico dei marchi delle grandi multinazionali che, in verità, non produce che una bevanda, a cui i suoi proprietari hanno saputo costruire un’aurea di vera magia.
È con la pubblicità più famosa degli anni ’70, in cui tanti ragazzi di diverse etnie cantano di pace e bellezza e coca cola nel mondo (girata tra l’altro a Roma), che si conclude una serie televisiva epocale: Mad Men.
Sugli usi sociali della scienza. Riflessioni da “Vita di Galileo” di Bertold Brecht
L’opera teatrale Vita di Galileo di Bertold Brecht ci fornisce un grande spunto di riflessione sul ruolo storico della scienza e i suoi rapporti con le masse popolari.
La vicenda di Galilei è nota: fu costretto all’abiura dalla chiesa cattolica per la sua adesione alla teoria eliocentrica, che contraddiceva il geocentrismo presente nella libro della Genesi. Continua a leggere
“Magazzino 18” e il vittimismo italiano
Bologna “la rossa”, la chiamavano: da tempo abbiamo potuto verificare fino a che punto ciò non sia più vero. Di recente lo si è visto nel tentativo di impedire un dibattito sulle foibe all’interno dell’università, con la presenza di storici e ricercatori contro il revisionismo storico. E la situazione si è ripetuta negli ultimi quattro giorni con l’assordante silenzio da parte della “società civile democratica” cittadina, in risposta allo spettacolo Magazzino 18 di Cristicchi, ospitato in uno dei principali teatri cittadini, l’Arena del Sole. Per quanto ci riguarda non potevamo rimanere indifferenti di fronte allo scempio della verità storica nel nome dell’equidistanza fra vittime e carnefici, per di più basate su fonti palesemente fasciste come il libro “Ci chiamavano fascisti, eravamo italiani”. Per questo durante lo spettacolo di oggi pomeriggio abbiamo “inondato” di volantini la platea ricordando l’occupazione italiana e fascista nelle zone dell’ex Jugoslavia.
A seguire il volantino e il nostro articolo critico sullo spettacolo Magazzino 18.
Ed ecco il nostro articolo critico sullo spettacolo di Cristicchi:
Immaginate il vostro mondo che stranamente diventa altro […] All’improvviso vi sentite estranei, come alieni rispetto a quella che pensavate fosse la vostra terra, perché nel frattempo altri se ne stanno appropriando, altri sono arrivati e si prendono il vostro posto.
Queste parole fanno parte del monologo con cui Simone Cristicchi apre lo spettacolo teatrale Magazzino 18. È strano come certi discorsi abbiano un senso fortemente ambivalente, specie se si tratta della storia di un confine geografico, come quello italiano nord orientale. Si potrebbe benissimo immaginare (avendo il coraggio e la coscienza di farlo) che quel discorso fosse stato pronunciato da un ipotetico abitante di Ljubljana, mentre testimoniava i giorni dell’occupazione italiana, quando la città fu interamente cinta da filo spinato e trasformata in un unico grande campo di concentramento. Così non è in Magazzino 18, che nasce come racconto dell’esodo della popolazione giuliano-dalmata in seguito alla fine della seconda guerra mondiale. Trattandosi di un argomento estremamente complesso, tanto più se lo si propone in chiave artistica, ci si aspetterebbe una cura particolare per i riferimenti storici che non faccia torto ai fatti. Ma quello di Cristicchi è un racconto certamente improntato più all’emozionalità e al pathos che alla razionalità della ricostruzione storica [1]. Un’operazione che ha un preciso senso politico, per quanto l’attore e cantautore si sforzi di negarlo.
Whiplash come pretesto. Note sulla critica dell’ideologia artistica
Recentemente è apparso sull’Internazionale un articolo [1] di Goffredo Fofi sull’ultimo film di Damien Chazelle, Whiplash, vincitore di ben tre premi Oscar quest’anno. L’articolo in questione parla del film come di “una favola per gonzi di destra”, cosa che ha fatto storcere il naso a più di uno spettatore [2]. Non è nostra intenzione difendere a spada tratta Fofi, che non ne ha certo bisogno, ma vorremmo soffermarci su un particolare appunto che gli viene mosso, perché crediamo sia perfetto segno dei tempi in cui viviamo: criticare un’opera perché “di destra” o “di sinistra” sarebbe sbagliato.
Il discorso dell’imperialista: perchè American Sniper non è un film “contro la guerra”
Nell’acceso dibattito che ha suscitato l’uscita dell’ultimo film di Clint Eastwood American Sniper, vale la pena analizzare una particolare affermazione del regista , fatta propria da diversi commentatori, quella cioè secondo cui l’opera in questione sarebbe “contro la guerra”. Si tratta di un’affermazione controversa perché non mancano elementi per sostenere che American Sniper mostri le atrocità e gli orrori della guerra in Iraq. Cercherò qui brevemente di dimostrare che, nonostante ciò, il messaggio “pacifista” (volendo credere alla buona fede al regista) fallisca clamorosamente l’obbiettivo. Continua a leggere